Ricorso ex art.  127  Cost.  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege  dall'Avvocatura
generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei  Portoghesi
n. 12, e' domiciliato per legge; 
    Contro la Regione Puglia, in persona del  Presidente  in  carica,
con sede a Bari, Lungomare Nazario  Sauro,  33  per  la  declaratoria
della illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge
della Regione Puglia n. 66  del  18  dicembre  2018,  pubblicata  nel
B.U.R.  Puglia  n.  161  suppl.  del   20   dicembre   2018,   giusta
deliberazione del Consiglio dei ministri  assunta  nella  seduta  del
giorno 14 febbraio 2019. 
    In data 20 dicembre  2018,  sul  n.  161  suppl.  del  Bollettino
ufficiale  della  Regione  Puglia,  e'  stata  pubblicata  la   legge
regionale 18 dicembre 2018, n. 66 recante «Disposizioni sul  servizio
di pronto soccorso e di continuita' assistenziale». 
    La legge consta di tre articoli: 
        l'art. 1, recante le «Finalita'» della legge; 
        l'art 2, rubricato  «Servizio  di  continuita'  assistenziale
presso i presidi ospedalieri dotati di  pronto  soccorso»,  il  quale
dispone che, «In coerenza con la finalita' di cui all'art. 1,  presso
tutti i presidi ospedalieri dotati di pronto soccorso, in adiacenza a
quest'ultimo, e' collocata  una  sede  del  servizio  di  continuita'
assistenziale, cui compete la  gestione  delle  richieste  di  pronto
soccorso caratterizzate da bassa criticita'»  (comma  1),  stabilendo
poi che «Con provvedimento della Giunta regionale  sono  adottate  le
misure organizzative necessarie ai fini dell'attuazione del  presente
articolo» (comma 2); 
        l'art. 3 - «Norma  finanziaria»  -  precisa  infine  che  «La
presente legge non comporta nuove  spese  o  minori  entrate  per  il
bilancio  regionale,  configurandosi  come  atto  di   programmazione
generale, cui faranno seguito  provvedimenti  amministrativi  a  cura
della competente struttura regionale». 
    La  legge  n.  66/2018  della  Regione  Puglia  presenta  profili
d'illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 2, comma  1,
il quale, come si dira', eccede le competenze  legislative  regionali
invadendo la sfera di competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato
nella materia dell'«ordinamento civile» di cui all'art. 117, comma 2,
lettera l), della Costituzione. 
    L'art. 2, comma 1,  della  legge  regionale  in  questione  viene
dunque impugnato con il presente ricorso ex art. 127 Cost.  affinche'
ne  sia  dichiarata  l'illegittimita'   costituzionale   e   ne   sia
pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    Secondo quanto dichiarato dall'art.  1,  la  legge  regionale  18
dicembre 2018, n. 66 ha la finalita',  in  coerenza  con  l'art.  10,
comma 1, dello Statuto della  Regione  Puglia,  di  creare  una  piu'
solida  integrazione  tra  ospedale  e  territorio,  decongestionando
l'attivita' delle  strutture  di  pronto  soccorso  dagli  interventi
connessi a problematiche di  bassa  criticita',  cosi'  da  aumentare
l'appropriatezza delle cure e ridurre i tempi d'attesa da parte degli
utenti. 
    Trattasi quindi di una disciplina volta,  in  linea  generale,  a
migliorare l'erogazione del servizio sanitario,  nell'ottica  di  una
migliore fruibilita' dello stesso da parte degli assistiti. 
    In  questa  prospettiva,  l'art.  2  prevede,  al  comma  1,   la
collocazione, in adiacenza ai presidi ospedalieri  dotati  di  pronto
soccorso, di una struttura di continuita'  assistenziale  alla  quale
affidare i casi meno gravi, con il dichiarato intento, come detto, di
migliorare le modalita'  organizzative  di  erogazione  del  servizio
sanitario  affiancando   all'attivita'   dei   medici   dei   servizi
dell'emergenza sanitaria territoriale quella dei medici  dei  servizi
di continuita' assistenziale ai quali  viene  affidata  «la  gestione
delle  richieste  di  pronto   soccorso   caratterizzate   da   bassa
criticita'». 
    Cosi' disponendo, la  norma  viene  tuttavia  ad  incidere  sulle
modalita' organizzative di erogazione delle attivita' dei  medici  di
continuita' assistenziale  e  sui  compiti  di  questi  ponendosi  in
contrasto con i principi che ispirano l'Accordo collettivo  nazionale
di settore vigente  che,  nell'indicare  le  funzioni  attribuite  ai
medici di continuita' assistenziale, ne demanda l'organizzazione agli
Accordi integrativi regionali. 
    Ma prima di  procedere  oltre,  e'  d'uopo  rammentare  che,  sin
dall'epoca dell'istituzione - con la legge 23 dicembre 1978, n.  833,
cd. prima riforma  sanitaria  -  del  servizio  sanitario  nazionale,
l'organizzazione  e  il  trattamento  normativo  ed   economico   del
personale sanitario a rapporto convenzionale sono stati  disciplinati
dalla legge e, sulla base di questa, da accordi collettivi  nazionali
stipulati tra una delegazione di parte pubblica -  allora  costituita
dal Governo, dalle regioni e dall'Associazione nazionale  dei  comuni
italiani - e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
in campo nazionale di ciascuna categoria e  poi  resi  esecutivi  con
decreto del Presidente della Repubblica, su proposta  del  Presidente
del  Consiglio  dei  ministri:  accordi  ai  quali  avrebbero  dovuto
conformarsi, al fine di garantire  l'uniformita'  del  trattamento  a
livello nazionale, le  singole  convenzioni  (v.  art.  48  legge  n.
833/1978). 
    L'art 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502  -  c.d.
seconda riforma sanitaria - ha confermato questo assetto dei rapporti
tra le strutture del Servizio sanitario nazionale e il  personale  in
questione stabilendo che  «Il  rapporto  tra  il  Servizio  sanitario
nazionale, i medici di medicina generale  ed  i  pediatri  di  libera
scelta e' disciplinato da apposite convenzioni  di  durata  triennale
conformi  agli  accordi  collettivi  nazionali  stipulati,  ai  sensi
dell'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n.  412,  con  le
organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in
campo nazionale» (art. 8, comma 1, decreto legislativo n. 502/1992). 
    Il richiamato art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre  1991,  n.
412, dopo aver istituito e definito la composizione di una  struttura
tecnica  interregionale  per  la  disciplina  dei  rapporti  con   il
personale  convenzionato  con  il   Servizio   sanitario   nazionale,
destinata a rappresentare la delegazione di  parte  pubblica  per  il
rinnovo degli accordi riguardanti il personale sanitario  a  rapporto
convenzionale, rinvia ad un accordo in sede di Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e  le  Province  autonome  di
Trento  e  di  Bolzano;  per  la  disciplina  del   procedimento   di
contrattazione collettiva relativo ai predetti accordi «tenendo conto
di quanto previsto dagli articoli 40, 41, 42, 46, 47,  48  e  49  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165». 
    In particolare, e per quanto qui interessa, l'art. 40 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n.  165  -  come  modificato  dal  decreto
legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 - disciplina il  procedimento  di
contrattazione  collettiva  nel  settore  pubblico  stabilendo,   tra
l'altro, che «La contrattazione collettiva  disciplina,  in  coerenza
con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti  tra  i
diversi livelli e la durata  dei  contratti  collettivi  nazionali  e
integrativi»  (comma  3)  e   che   «La   contrattazione   collettiva
integrativa si svolge sulle materie,  con  i  vincoli  e  nei  limiti
stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le
procedure negoziali che questi ultimi prevedono» (comma 3-bis). 
    Per quanto  specificamente  riguarda  il  personale  sanitario  a
rapporto convenzionale, l'art. 2-nonies del  decreto-legge  29  marzo
2004, n. 81 - aggiunto dalla legge di conversione 26 maggio 2004,  n.
138 -, riprendendo quanto a suo tempo  previsto  dall'art.  48  della
legge  n.  833/1978,  stabilisce  che  «Il  contratto  del  personale
sanitario  a  rapporto   convenzionale   e'   garantito   sull'intero
territorio nazionale da convenzioni conformi agli accordi  collettivi
nazionali  stipulati  mediante  il  procedimento  di   contrattazione
collettiva definito con l'accordo in sede  di  Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e  le  Province  autonome  di
Trento e di Balzano previsto dall'art. 4, comma  9,  della  legge  30
dicembre 1991, n.  412,  e  successive  modificazioni.  Tale  accordo
nazionale e'  reso  esecutivo  con  intesa  nella  citata  Conferenza
permanente, di cui all'art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281». 
    In attuazione  di  tale  previsione  e'  stato  percio'  concluso
l'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti  con  i
medici  di  medicina  generale,  reso  esecutivo   dalla   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  Province
autonome di Trento e Bolzano con intesa sancita nella seduta  del  23
marzo 2005 il quale - in conformita' a quanto previsto  dall'art.  8,
comma 1, del decreto legislativo  n.  502/1992  e  ss.mm.ii.  e  come
modificato ed integrato dai successivi  Accordi  resi  esecutivi  con
intese sancite dalla Conferenza permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le Province autonome di Trento  e  Bolzano  nelle
sedute, rispettivamente, del 29 luglio 2009 e dell'8  luglio  2010  -
regola, «sotto il profilo economico, giuridico ed  organizzativo,  il
rapporto di  lavoro  autonomo  convenzionato  per  l'esercizio  delle
attivita' professionali, fra i  medici  di  medicina  generale  e  le
Aziende  sanitarie  locali,  per  lo   svolgimento,   nell'ambito   e
nell'interesse del SSN, dei compiti e  delle  attivita'  relativi  ai
settori di: 
        a) assistenza primaria; 
        b) continuita' assistenziale; 
        e) medicina dei servizi territoriali; 
        d) emergenza sanitaria territoriale» (art. 13). 
    In particolare, gli articoli da 62 a 73 dell'Accordo disciplinano
il  rapporto  di  lavoro  dei  medici  affidatari  di  incarichi   di
continuita' assistenziale - espressamente contemplata fra  i  livelli
essenziali di assistenza: v., da ultimo, l'art.  5  del  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017  -  prevedendo,
all'art. 62, i  criteri  generali  che  presiedono  allo  svolgimento
dell'attivita' e, all'art. 67, i compiti dei medici. 
    L'art. 62  -  rubricato  «Criteri  generali»  -  per  quanto  qui
interessa dispone che: 
        «Nell'ambito  delle  attivita'  in  equipe,  Utap  -   Unita'
territoriali  di  assistenza  primaria:  n.d.r.  -  o   altre   forme
associative  delle  cure   primarie,   ai   medici   di   continuita'
assistenziale sono attribuite  funzioni  coerenti  con  le  attivita'
della medicina di famiglia, nell'ambito delle rispettive funzioni, al
fine di un piu' efficace intervento nei confronti delle  esigenze  di
salute della popolazione» (comma 3); 
    «L'attivita' di continuita' assistenziale puo' essere  svolta  in
modo funzionale, nell'ambito delle equipes territoriali,  secondo  un
sistema di disponibilita' domiciliare o in modo strutturato, in  sedi
territoriali  adeguatamente  attrezzate,  sulla  base   di   apposite
determinazioni assunte nell'ambito degli  Accordi  regionali»  (comma
4); 
    «Nell'ambito degli accordi  regionali,  i  medici  incaricati  di
espletare  il  servizio  di  continuita'  in  uno  specifico   ambito
territoriale, possono essere organizzati secondo modelli  adeguati  a
facilitare le attivita' istituzionali e l'integrazione tra le diverse
funzioni territoriali» (comma 5). 
    L'Accordo collettivo nazionale di settore ha dunque compiutamente
disciplinato il servizio di  continuita'  assistenziale  stabilendone
requisiti e modalita' di esercizio. 
    In dettaglio: 
        a)  l'attivita'  di  continuita'  assistenziale  puo'  essere
svolta, in  modo  strutturato,  in  sedi  territoriali  adeguatamente
attrezzate «sulla base di apposite determinazioni assunte nell'ambito
degli Accordi regionali» (enfasi aggiunta); 
        b) «Nell'ambito degli accordi regionali, i medici  incaricati
di espletare il servizio  di  continuita'  in  uno  specifico  ambito
territoriale, possono essere organizzati secondo modelli  adeguati  a
facilitare le attivita' istituzionali e l'integrazione tra le diverse
finzioni territoriali» (enfasi aggiunta). 
    L'art. 67 dell'Accordo definisce invece i compiti e gli  obblighi
dei  medici  di  continuita'  assistenziale  anche  in  questo   caso
rinviando, per taluni  aspetti  e  profili,  agli  altri  livelli  di
contrattazione collettiva, regionale o aziendale. 
    Dal  complesso  delle  riportate  disposizioni   risulta   dunque
evidente che con riferimento sia all'organizzazione del servizio  sia
alla   definizione   dei   compiti   del   personale   sanitario   la
contrattazione collettiva nazionale o  provvede  direttamente  oppure
rinvia alla contrattazione collettiva  regionale:  il  che  vale,  in
particolare,  per  quanto   attiene   allo   svolgimento,   in   modo
strutturato, dell'attivita' di  continuita'  assistenziale  «in  sedi
territoriali adeguatamente attrezzate» (art.  62,  comma  4,  ACN  23
marzo  2005)  ovvero,  per   cio'   che   riguarda   l'organizzazione
dell'attivita' in questione, «secondo modelli adeguati  a  facilitare
le attivita' istituzionali e l'integrazione tra le  diverse  funzioni
territoriali» (art. 62, comma 5, ACN 23 marzo 2005). 
    In tale contesto si  inserisce  dunque  la  norma  regionale  qui
impugnata  la  quale,  stabilendo  che  «presso   tutti   i   presidi
ospedalieri dotati di pronto soccorso, in adiacenza  a  quest'ultimo,
e' collocata una sede del servizio di continuita' assistenziale,  cui
compete la gestione delle richieste di pronto soccorso caratterizzate
da  bassa  criticita'»,   interviene   regolando   sia   il   profilo
organizzativo   sia   quello   piu'   specificamente   contenutistico
dell'attivita'   di    continuita'    assistenziale:    il    profilo
organizzativo, nella misura in cui prevede l'istituzione di una  sede
del servizio presso ciascun presidio  ospedaliero  dotato  di  pronto
soccorso; il profilo contenutistico, in quanto affida  ai  medici  di
continuita' assistenziale operanti presso  quelle  sedi  la  gestione
delle richieste di pronto soccorso caratterizzate da bassa criticita'
altrimenti  rientranti  nelle  competenze   dei   medici   incaricati
dell'emergenza sanitaria territoriale. 
    In tal modo, pero', disciplinando l'organizzazione e il contenuto
dell'attivita'  di   continuita'   assistenziale,   la   disposizione
regionale interviene su materia riservata dalla  legge  -  statale  -
alla contrattazione collettiva - nazionale e  regionale  -  eccedendo
cosi' dagli ambiti  attribuiti  dalla  Costituzione  alla  competenza
legislativa delle regioni ed invadendo di converso  quello  riservato
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato dall'art. 117,  comma
2, lettera l) della Carta fondamentale. 
    La giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte  e'  infatti  da  tempo
fermamente orientata nel senso di  ritenere  che  gli  ambiti  e  gli
oggetti riservati dalla legge alla  contrattazione  collettiva  e  ai
diversi livelli nei quali questa si articola afferiscono alla materia
dell'«ordinamento civile» e,  come  tali,  sono  in  radice  preclusi
all'intervento regionale. 
    Percio', quando - come nella presente fattispecie - un  contratto
collettivo nazionale determina, negli ambiti di  disciplina  ad  esso
riservati da una legge dello Stato, le materie e  i  limiti  entro  i
quali deve svolgersi la contrattazione collettiva integrativa, non e'
consentito ad una legge regionale derogare  a  quanto  in  tal  senso
disposto dal contratto  collettivo  nazionale  (v.,  con  riferimento
all'istituto della mobilita', la sentenza n. 68/2011). 
    Nella sentenza n. 256/2012 si e' poi ribadito che le disposizioni
regionali che incidono su aspetti del rapporto  di  lavoro  riservati
alla contrattazione collettiva, violano l'art.  117,  secondo  comma,
lettera l) Cost.  «in  quanto  i  profili  suddetti  rientrano  nella
materia  dell'ordinamento  civile,   appartenente   alla   competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato»  (v.  anche,  per   l'afferenza
all'ordinamento civile  delle  materie  riservate  dalla  legge  alla
contrattazione collettiva, la sentenza n. 257/2016). 
    Da ultimo, e proprio con specifico  riferimento  alla  disciplina
del  rapporto  convenzionale  con  i  medici  di  medicina   generale
contenuta negli accordi collettivi previsti dall'art. 8  del  decreto
legislativo  n.  502/1992,  codesta  ecc.ma   Corte   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale  di  una  norma  di  legge  regionale
riproduttiva  del  contenuto   di   una   disposizione   dell'Accordo
collettivo integrativo del 16 settembre 2006 affetta da  nullita'  in
quanto contrastante con l'Accordo collettivo nazionale del  23  marzo
2005 e con  l'art.  40  del  decreto  legislativo  n.  165/2001,  che
delimita gli ambiti della contrattazione collettiva ed i rapporti tra
il livello di contrattazione nazionale ed  i  corrispondenti  livelli
regionali ed aziendali (sent. n. 186/2016). 
    Nell'occasione  si  e'   appunto   affermato   che   «La   stessa
contrattazione collettiva nazionale in materia di personale sanitario
a rapporto  convenzionale,  fondata  sull'espressa  previsione  delle
norme  statali  precedentemente  richiamate,  e'   certamente   parte
dell'ordinamento civile. Essa  difatti  si  inserisce  nel  peculiare
sistema integrato delle fonti cui la  legge  statale  pone  un  forte
presidio per garantirne la necessaria uniformita'. 
    Recuperare  l'inapplicabile   clausola   dell'AIR,   affetta   da
nullita', attraverso una prescrizione legislativa regionale,  assunta
in assoluta carenza di competenza legislativa, determina di  per  se'
l'illegittimita' costituzionale della norma. 
    Rispetto alla richiamata giurisprudenza costituzionale in materia
di impiego pubblico non  esistono,  sotto  il  profilo  del  presente
giudizio, apprezzabili differenze per il rapporto  convenzionale  dei
medici di medicina generale  con  il  Servizio  sanitario  nazionale,
ascrivibile alla cosiddetta «parasubordinazione». 
    Infatti, vengono parimenti in evidenza le  medesime  esigenze  di
regolazione uniforme dei rapporti convenzionali  dei  medici  con  il
Servizio sanitario nazionale  giacche'  la  disciplina  specifica  e'
costituita da una forte integrazione tra la normativa  statale  e  la
contrattazione collettiva nazionale (con una  rigorosa  delimitazione
degli  ambiti  dell'ulteriore  contrattazione  decentrata)   con   un
limitato rinvio - ma solo per ambiti e materie ben delineati  -  alla
legislazione regionale, secondo schemi comuni agli altri settori  del
pubblico impiego». 
    E dunque, quando, come nella  fattispecie,  un  contratto/accordo
collettivo nazionale, negli ambiti di disciplina ad esso riservati da
una  legge  dello  Stato,  regola  direttamente  alcuni  profili  del
rapporto di lavoro ovvero determina le  materie  e  gli  aspetti  sui
quali puo' e deve svolgersi la contrattazione collettiva integrativa,
non e' consentito alle  regioni  intervenire  dettando,  con  proprie
leggi, una disciplina autonoma e diversa. 
    La  previsione  regionale  che  qui  si  censura,   disciplinando
l'organizzazione del servizio di continuita' assistenziale  presso  i
servizi  ospedalieri  dotati  di  pronto  soccorso  e  demandando  ai
sanitari incaricati del  servizio  la  gestione  delle  richieste  di
pronto  soccorso  caratterizzate  da  bassa  criticita',  e'   quindi
costituzionalmente illegittima, per violazione dell'art.  117,  comma
2, lettera l) Cost., perche', intervenendo su oggetti riservati  alla
contrattazione collettiva di settore,  legifera  su  materia,  quella
dell'ordinamento civile, ad essa totalmente preclusa.